Non tutti sanno che in passato i maiali su tutto il territorio italiano erano neri, le caratteristiche morfologiche erano diverse: alcuni cintati, altri macchiati ed altri ancora erano privi di setole, ma tutti prevalentemente neri e grigi.
Il tipo genetico autoctono “maiale casertano”, nel 1995 con soli 25 capi, era incluso nella lista della FAO tra le cinque razze italiane dichiarate in pericolo di estinzione.
Nel 2001 si è avviato un programma di selezione e recupero della razza e grazie alla lungimiranza di alcuni allevatori locali e il riconoscimento da parte del Ministero delle Politiche Agricole, si è reso possibile la salvaguardia di un patrimonio di biodiversità di grande valore.
Oggi il reale nero casertano si attesta attorno ai 2000 capi, ed è attualmente presente solo presso pochissimi allevatori appassionati. Il carattere più appariscente è la pelle plumbea, quasi tutta priva di setole, da cui l'appellativo dialettale di "pelatiello".
Le prime notizie sull’esistenza di questo maiale risalgono a scritti del 1° secolo d.C., altre da reperti archeologici degli scavi di Pompei, Capua ed Ercolano.
Nel 1800 era considerata la migliore razza italiana; spesso veniva impiegato dagli allevatori inglesi per incroci con razze britanniche per migliorare la qualità delle carni, come testimonia il Prof. Mario Giannone in un articolo sulla "Rivista di Suinicoltura" dove lo ha paragonato alla razza del Cavallo Arabo per il ruolo di miglioratore genetico in quanto ha dato luogo a nuove grandissime razze attuali come le Landrace, Large White ecc., e ne ha migliorate altre già esistenti quali le Essex, Yorkshire, Sussex ecc.
E’ una specie autoctona dalle caratteristiche uniche:
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la cute di colore variabile dal grigio al nero, quasi del tutto priva di setole;
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la presenza ai lati del collo di due protuberanze denominate bargigli,
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l’elevata attitudine materna della scrofa;
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gli arti corti e sottili;
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l’abbondante tessuto adiposo;
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la rusticità, la frugalità, l’adattabilità al pascolamento.
E’ la razza più precoce tra le nostrane.
La tecnica di allevamento adottata dalla nostra azienda è quella tradizionale che prevede un largo uso di pascolo nei boschi di querce con scarsa integrazione di farine di grano, orzo e mais e con ampi spazi dove il suino possa brucare liberamente.
I nostri riproduttori vivono insieme, all’aperto, in un’area dedicata. Alcuni giorni prima del parto la scrofa viene trasferita in una stalletta per il parto, che avviene in modo libero senza uso di gabbia. I suinetti rimangono con la madre per l’allattamento per non meno di 60 giorni, dopo di che la madre viene separata dai suinetti ed inizia lo svezzamento a base di farine, frutta e verdure, che avviene in un altro recinto all’aperto, dove possono correre e giocare liberamente. Dopo circa due mesi i suinetti sono pronti per l’ingresso nel bosco aziendale, completamente recintato dove trovano buona parte della loro razione quotidiana: cereali, erbe, insetti e piccoli animali, tuberi, leguminose, piccoli arbusti, frutti di bosco etc. ed inoltre hanno la possibilità di muoversi liberamente migliorando così la qualità delle carni. Nel periodo autunnale nel bosco trovano il loro alimento preferito “la ghianda”; questa è ricca di fibra grezza (molto digeribile) e amido. Le carni del “pelatello” nutrito con ghiande hanno maggiore potere antiossidante, grazie alla presenza dei tannini, e i prodotti (salumi) hanno meno rischi di deterioramento, consentendo la totale esclusione di conservanti. Nel bosco rimangono fino all’età di due anni e cioè fino a quando sono pronti per il finissaggio: dal bosco passano in aree recintate e più limitate dove vengono nutriti per circa due settimane.
Questo passaggio è fondamentale nell’allevamento perché il “pelatello” tende ad ingrassare molto facilmente e quindi è necessario somministrare una razione bilanciata per contenere la massa grassa. Terminato questo periodo l’animale è pronto per essere macellato. Le carni del nostro maiale contengono Omega 3. Gli acidi grassi omega 3 infatti non si trovano soltanto nel pesce o nei frutti di mare, ma anche nella carne, ma solo quella di selvaggina e di animali allevati allo stato brado. La carne di animali che vivono nell'ambiente naturale (selvaggina o animali allevati allo stato brado) contiene una percentuale maggiore di omega 3 rispetto a quella del bestiame d'allevamento.
I nostri maiali impiegano il doppio del tempo per arrivare alla metà del peso di un maiale rosa! Questo perché rispettiamo i tempi naturali di accrescimento e non utilizziamo mangimi.